Il crinale lungo il quale scorre il sentiero CAI n. 00 tra il Giovo, l’Alpe delle Tre Potenze, il Libro Aperto, il Corno alle Scale e i monti dell’Orsigna ha rappresentato per secoli un ostacolo naturale di notevole rilievo per raggiungere dal nord Italia Roma, tanto che si ricordano ancora le leggendarie imprese delle truppe di Annibale, che dopo aver superato le Alpi, trovarono altrettante se non superiori difficoltà proprio sugli Appennini, sebbene sia ancora controverso il luogo preciso nel quale essi furono affrontati. Lo spartiacque ha anche influenzato a lungo la geografia politica della zona, segnando prima il confine tra le regioni romane della Tuscia e dell’Emilia, poi quello tra i territori di Lucca, Modena e Pistoia. Sono proprio queste le “Tre Potenze” del toponimo presente a quasi 2000 metri, nei pressi della Foce al Giovo dove si inerpicava la vecchia “strada ducale” che metteva in comunicazione Modena con Lucca e dove si incontravano i confini dei territori controllati dalle tre città.
Prima dell’apertura del valico dell’Abetone in seguito alla costruzione della nuova strada per Modena situata sul versante destro della Lima, una delle principali direttrici per superare l’Appennino in direzione di Modena era rappresentata dal percorso sul lato sinistro della Lima che da Cutigliano, il Melo, Rivoreta raggiungeva Fiumalbo attraverso la sella detta la Foce delle Verginette a quota 1492 msl, in antico nota anche come Serra delle Motte, tra il Monte Maori e il Libro Aperto. La nuova strada, proveniendo da San Marcello superava il torrente Lima, all’intersezione con il tracciato diretto verso la Lucchesia e proseguiva mantenendolo alla sua destra. Dopo aver superato il torrente Sestaione, iniziava la parte più aspra per raggiungere Pianosinatico e quindi il valico attraverso la foce di Boscolungo, l’unico percorso che, secondo il parere del celebre matematico milanese Paolo Frisi, era praticabile in qualunque tempo e comodamente dai calessi e dai carri. Nonostante l’apertura della nuova strada, i centri più abitati ed importanti restarono quelli sul versante orientale della Lima, mentre i pochi paesi costruiti su quello occidentale devono il loro relativo sviluppo in gran parte alle attività connesse con il turismo invernale e estivo.


 Il ponte sul Sestaione a Casotti di Cutigliano
 
È una delle più importanti opere della nuova strada voluta da Pietro Leopoldo per collegare Pistoia e il Granducato di Toscana a Modena e agli stati asburgici dell’Italia settentrionale. Finito di costruire nel 1779, dopo l’apertura del valico, il ponte, formato da due arcate ellittiche sostenute da un pilastro centrale, fu ideato dallo stesso progettista della strada, l’abate e “matematico regio” Leonardo Ximenes, cui si devono i progetti delle più importanti opere idrauliche e stradali della Toscana del secondo Settecento. Distrutto durante la seconda guerra mondiale il 1° ottobre del 1944, il ponte venne ricostruito quattro anni più tardi su progetto e direzione artistica dell’architetto Alidamo Preti, riproducendo - per quanto possibile - il modello originale.

 



 Le nuove parrocchie del Ricci: Melo, Pianosinatico, Pian degli Ontani
 
Tra le conseguenze che l’opera riformatrice del vescovo Scipione de’ Ricci provocò negli anni ’80 del secolo XVIII nel territorio pistoiese una delle più significative deve essere considerata la costituzione di nuove parrocchie della diocesi, riassetto che riguardò anche e soprattutto la Montagna. Nelle valli del Reno e della Lima l’apertura della nuova Strada Ximeniana aveva profondamente modificato l’assetto del territorio e reso necessaria una diversa dislocazione dei pochi insediamenti religiosi. Il vescovo volle visitare personalmente quei luoghi, sino ad allora quasi abbandonati a se stessi, come testimonia nelle sue Memorie: “La lontananza delle strade, la difficoltà dell’accesso, specialmente nei tempi d’inverno in cui le spesse nevi riducevano molte volte impossibile al parroco l’assistere quelle anime, tutto questo faceva sì che queste si trovassero abbandonate” (S. de’ Ricci, Memorie, Firenze 1865).
Con decreto del 2 ottobre 1785 furono istituite tre nuove parrocchie nella valle della Lima, al Melo, a Pian degli Ontani e a Pianosinatico, mentre altre istituzioni riguardarono l’alto bacino del Reno, il crinale appenninico e la zona della Sambuca. La nuova parrocchia del Melo, intitolata a S. Giovanni Crisostomo, che serviva circa sessanta famiglie, venne formata scorporando una parte del territorio della parrocchia di Cutigliano. Anche le altre due parrocchie di Pian degli Ontani e Pianosinatico, rispettivamente intitolate ai SS. Maria e Cirillo e a S. Policarpo furono formate scorporando parte del territorio di quella di Cutigliano.



 I canti popolari della montagna
 
La montagna pistoiese conserva notevoli testimonianze della tradizione orale. Un patrimonio di canti e usanze popolari che si è preservato grazie all’interesse antesignano degli studi ottocenteschi e all’opera appassionata di ricercatori, musicisti e gruppi folcloristici che negli ultimi decenni hanno cercato di raccogliere i residui ricordi delle vecchie generazioni dando vita - tra l’altro - ad un archivio sonoro dell’appennino pistoiese.
Oltre ai tipici canti dei “maggiaioli” (che si tengono in varie località della montagna nella notte fra il 30 aprile e il 1 maggio), in occasione di feste e rassegne speciali è ancora possibile assistere a “contrasti” in ottava rima, particolare genere di poesia improvvisata a tema definito.
L’ottava rima è una strofa composta di otto endecasillabi che seguono lo schema ABABABCC, i primi sei endecasillabi sono a rima alternata, gli ultimi due a rima baciata ma diversa da quelle dei versi precedenti. L’abilità dei “duellanti” sta nel comporre i versi all’istante e nel lasciare all’avversario una rima difficile da proseguire.
I poeti improvvisatori - tra cui la famosa Beatrice di Pian degli Ontani (1803-1885) - “godevano di una vasta popolarità all’interno della comunità. Da loro ci si aspettava non solo che animassero le feste e le tante occasioni per ritrovarsi, ma ci si attendevano soprattutto commenti e giudizi su fatti e vicende, riflessioni sulle condizioni di vita e di lavoro che fossero veramente libere [...]. In questo senso i poeti estemporanei rappresentano la coscienza critica, la vera anima popolare” (S. Gargini, Non son poeta e non ho mai studiato cantate voi che siete alletterato, Comune di S. Marcello 1986).
 
 Beatrice di Pian degli Ontani, poetessa pastora
 
Beatrice Bugelli, più conosciuta come Beatrice di Pian degli Ontani, nacque nel 1803 al Conio, una frazione del Melo nel comune di Cutigliano. Rimasta orfana della madre, seguì giovanissima il padre scalpellino, condividendone la sorte di migrante stagionale in Maremma. A vent’anni sposò il pastore Matteo Bernardi e andò a vivere al Catino, un pianoro fra Pian di Novello e il Sestaione, manifestando il suo estro di improvvisatrice. Dopo la distruzione della sua casa, franata nel 1836 per una piena del Sestaione, si trasferì in una nuova “casuccia” nei pressi di Pian di Novello, dove si spense nel 1885. La sua esistenza fu segnata da dolori e privazioni: i contrasti familiari, gli otto figli da crescere, la morte prematura del primogenito, la precoce vedovanza. Analfabeta, di modesti costumi, la “pastora poetessa” (come la chiamò Alessandro Chiappelli), incarnò in modo esemplare i valori genuini e la spontaneità della cultura popolare. Grazie alla sicurezza della sua vena, al suo spirito acuto e al forte temperamento, Beatrice resta tra i più celebrati protagonisti della storia della poesia di improvvisazione moderna.
Scrisse di lei il Tommaseo: “A Cutigliano ho trovato una ricca vena di canzoni popolari [...]. Feci venire di Pian degli Ontani una Beatrice, moglie d’un pastore, donna di circa trent’anni che non sa leggere e che improvvisa ottave con facilità, senza sgarar verso quasi mai” (N. Tommaseo, Gita nel Pistojese, “Antologia. Giornale di scienze lettere e arti”, vol. XLVIII, 1832).
Alimentato dall’ammirazione di eminenti filologi e letterati, dal Tommaseo al Giuliani, dal Giusti al d’Azeglio, dal Tigri al Barbi, dal Pascoli al Fucini “il mito di Beatrice di Pian degli Ontani e dei vari cantori dell’Appennino [...] si sarebbe poi trasferito nel più esclusivo circuito internazionale grazie all’opera di Francesca Alexander e alla mediazione di John Ruskin. Il quale si fece editore, nel 1885, dello splendido Roadside Songs of Tuscany, corredato dai canti pazientemente raccolti ed illustrati da Francesca Alexander, figura virginale che raccoglie in sé i motivi e il fascino di tutta un’epoca” (G. Chelucci, Fortuna della montagna, in Le guide di Pistoia e del suo territorio dal manoscritto alla stampa, a cura di D. Danesi, Siena 1998).
 
 Rispetti di Beatrice di Pian degli Ontani
 
Non vi maravigliate, giovinetti,
S'io non sapessi troppo ben cantare;
In casa mia non c'eran maestri,
Né mica a scuola son ita ad imparare.
Se volete saper dov'era la mia scuola,
Su per i monti all'acqua alla gragnuola.
E questo è stato il mio imparare,
Vado per legna e torno a zappare.
Mi misi a fabbricar un bel castello,
Credevo d'esser solo castellano.
Quando che l'ebbi fabbricato e bello,
Mi fur levate le chiavi di mano.
Sopra alla porta han messo un cartello
Che chi l'ha fabbricato stia lontano.
Ed io meschino che lo fabbricai
Con pianti e con dolor or lo lassai.
Ed io meschino che l'ho fabbricato
Con pianti e con dolor or l'ho lassato


 
 Confini naturali, areali e presidi naturalistici
 

Il paesaggio alpestre dell’alta valle del Sestaione, con le sue alte cime e dirupi, rende manifesto il ruolo di “confine naturale” svolto per secoli da questo lembo di territorio. La conformazione orografica e geologica e la stessa presenza di un’area relitta di abete rosso, fa di questi monti una preziosa testimonianza di limite di areali forestali e botanici, da tutelare mediante specifici presidi.
Sensibile a quest’opera di salvaguardia, il Corpo Forestale dello Stato ha provveduto sin dagli anni Settanta del secolo scorso all’istituzione, in questa zona, di tre aree naturali protette.
La Riserva Naturale Biogenetica di Pian degli Ontani si estende per 500 ettari nel Comune di Cutigliano fra quota 1100 e 1800 metri slm. Istituita nel 1977, è caratterizzata da faggete monumentali, di pregevoli caratteristiche genetiche, e viene utilizzata per la raccolta di semi e piantine da destinare a futuri rimboschimenti. All’interno della riserva si trova un’aula didattica destinata ad attività di educazione ambientale.
La Riserva Naturale Biogenetica di Abetone si estende per 584 ettari nel Comune di Abetone lungo i bacini dei torrenti Lima e Sestaione fra quota 1200 e 1600 metri slm ed è stata istituita nel 1977 al fine di conservare l’ecosistema dell’Abete Bianco e di migliorarne le caratteristiche morfologiche per la produzione di semi.
La Riserva Naturale Orientata di Campolino - visitabile solo col permesso della Forestale - si estende per 98 ettari nel Comune di Abetone, sul versante destro del torrente Sestaione tra quota 1500 e 1850 metri slm. Di eccezionale interesse scientifico, è stata istituita tra il 1971 e il 1972 al fine di preservare il relitto di una pecceta (bosco di Abete Rosso) autoctona, tra le più meridionali d’Europa, e l’intero ecosistema circostante che ha mantenuto caratteristiche affini a quelle delle Alpi, come testimonia la presenza di piante erbacee ed arbustive tipiche della flora alpina. L’accidentata morfologia della zona ha permesso la formazione di acquitrini e laghetti di particolare bellezza e rilevanza naturalistica quali il lago del Greppo e Le Lamacce. Le torbiere di queste aree umide sono estremamente interessanti per lo studio dei pollini fossili e consentono, con appositi carotaggi, ricerche accurate sull’antica flora dell’Appennino.

 
 
 
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