Il confine sud-occidentale del Capitanato della Montagna di Pistoia con la Repubblica di Lucca, quello situato lungo l'alta valle della Lima ha avuto sempre una particolare importanza strategica, sia militare che commerciale. Esso era infatti la porta di accesso, per la valle del Serchio e Lucca, verso il mare Tirreno degli abitanti della Montagna e di chi proveniva, passando per i valichi appenninici, dal modenese e dal bolognese.
La caratteristica di terra di confine, a lungo contesa tra Lucca e Pistoia, se per un verso forniva spazi ad attività di scambio e di crescita economica, per altro verso generava situazioni di conflittualità che dovevano essere sottoposte a controllo. Da qui l'importanza, sin dal lontano Medioevo, degli abitati fortificati che controllavano la strada medievale, e soprattutto di Popiglio e di Piteglio. Popiglio o Pupiglio - come ancora lo chiama il Repetti nel 1841 - con le sue torri, poi abbandonate, per secoli fu una delle comunità della Montagna pistoiese più popolate, situato "sul fianco occidentale di un poggio che si alza sulla ripa destra del fiume Lima, attraversato da un ponte di pietra che porta il nome di Pupiglio, sulla cui testata sinistra esiste una casa per la guardia doganale". Piteglio, oggi sede del Comune, si trova nell'altro versante, "sul vertice di un poggio il cui fabbricato gira intorno ai superiori ruderi della torre, mentre alla sua base occidentale scorre il torrente Lesina e dal lato opposto il Torbecchia di Piteglio, entrambi tributari alla sinistra del fiume Lima" (E. Repetti, Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana, Firenze 1833-1845).




 LE TORRI E I BORGHI FORTIFICATI
 
L'origine romana delle celebri "torri di Popiglio" sembra ormai smentita dalle più recenti indagini che dimostrano come i ruderi che si trovano sulla sommità del colle che domina l'abitato di Popiglio siano da attribuirsi ad un castello medioevale; resta dunque solo il nome a testimoniare la possibile presenza di un insediamento romano in questa parte della Montagna pistoiese, che comunque vide sorgere numerosi e importanti borghi fortificati, di cui vi sono tracce documentarie oramai millenarie, come è il caso di Piteglio, la cui pieve è ricordata in un documento del 1005.
Anche Popiglio è ricordata in un diploma di papa Innocenzo II del 1133. Tutti questi borghi, già sufficientemente popolati alla metà del secolo XIII presero parte, schierandosi ora uno con una parte, ora con l'altra, alle lotte che insanguinarono il territorio pistoiese sino alle soglie dell'età moderna e che continuarono, trasformate in faide paesane per tutto l'ancien règime, come è efficacemente attestato nel diario del pievano di Popiglio Girolamo Magni, costretto anche all'esilio nel 1559 per controversie sorte tra la sua e altre famiglie del paese. "Quando Onofrio suo fratello uccise un giovane de la terra, figluol di Menichin Lippi, quale gli aveva data pubblicamente in piazza una bastonata, [il Magni] andato a pericolo grandissimo d'esser ammazzato da' parenti del morto, e conoscendo non poter più securamente stare in Popiglio" fu costretto infatti a rifugiarsi a Lucca dove restò per più di cinque anni (Il diario del pievano Girolamo Magni. Vita, devozione e arte sulla montagna pistoiese nel Cinquecento, a cura di F. Falletti, Pisa 1999).

 



 LA DOGANA DI POPIGLIO
 
Ancora nella seconda metà del Settecento, all'epoca della riforma del sistema doganale intrapresa da Pietro Leopoldo si parlava dell'opportunità di "una dogana a Pupiglio, che guardi le strade maestreche vengono da Vico, Limano e Lucchio, castelli dello stato lucchese", strade chiaramente delineate in una carta di quegli anni, oggi conservata nell'Archivio di Stato di Firenze.


(A. Ottanelli, La viabilità montana pistoiese in un documento di topografia militare del XVIII secolo. Seconda parte, "Bullettino Storico Pistoiese", XCV, 1993).



 IL PONTE SOSPESO SULLA LIMA E LE FERRIERE DI MAMMIANO
 
Nei pressi di Popiglio si trova uno dei più alti ponti sospesi di tutta l'Europa, costruito agli inizi del secolo XX sopra il torrente Lima per permettere agli abitanti della zona di raggiungere rapidamente l'altro versante della vallata e i principali centri industriali della montagna. Sin dal Medioevo furono impiantati importanti opifici industriali che, utilizzando l'energia prodotta dalle acque dei torrenti montanini e dalla legna dei boschi, dovevano provvedere alla lavorazione del ferro estratto dalle miniere dell'isola d'Elba e della Maremma toscana.




Il ponte sospeso, realizzato nel 1922 dalla SMI, doveva servire in particolare a mettere in collegamento gli abitanti di Popiglio con la ferriera di Ponte Benedetta, costruita nei pressi dell'abitato di Mammiano lungo la nuova strada per l'Abetone alla fine del secolo XVIII.


 
 IL PONTE DI CASTRUCCIO E LA LEGGENDA DI FILIPPO TEDICI
 

Popiglio, in posizione cruciale nel quadro dell'antica viabilità medievale come è confermato anche dalla cura particolare con la quale si stabiliva, già nello statuto del podestà di Pistoia del 1296, l'obbligo di proteggere e controllare la strada "unde veniunt Carfagnini", svolse un ruolo di spicco nelle lotte che insanguinarono la Montagna pistoiese nel Medioevo e soprattutto in quelle che opposero Lucca e Castruccio Castracani ai fiorentini e ai pistoiesi nella prima metà del secolo XIV. Secondo la leggenda, proprio nei pressi del ponte di Campanelle, venne ucciso Filippo Tedici, della famiglia dei Tedici, che, approfittando dell'appoggio lucchese, si erano fatti signori di Pistoia, allora alleata con Firenze.
Dopo la morte del Castracani, Filippo Tedici, già esiliato da Pistoia, cercò di sollevare nuovamente la città allora controllata dai guelfi filofiorentini, penetrando nel territorio pistoiese dalla parte della Val di Lima, ma venne assalito dagli abitanti del luogo, fedeli a Pistoia e ucciso.

 
 
 
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